La storia di Porto Recanati
Il territorio su cui sorge Porto Recanati fu abitato sin dall’età del bronzo, come testimoniano ritrovamenti sulla collina di Montarice. In epoca romana, tra il 189 e il 184 a.C., fu fondata la colonia di Potentia dai triumviri Marco Fulvio Flacco, Quinto Fulvio Nobiliore e Quinto Fabio Labeone. Situata presso la foce del fiume Potenza, Potentia divenne un importante centro commerciale e marittimo, dotato di mura e opere pubbliche. La città prosperò fino al II secolo d.C., per poi declinare con la caduta dell’Impero Romano e le invasioni barbariche.
Nel 1229, l’imperatore Federico II di Svevia concesse al comune di Recanati il territorio costiero tra i fiumi Musone e Potenza, autorizzando la costruzione di un porto e di strutture difensive. Fu così edificato il Castello Svevo, una fortificazione a pianta quadrilatera con una torre principale, che serviva a proteggere il porto dalle incursioni dei pirati. Nel 1240, papa Gregorio IX confermò la concessione imperiale, e nel 1243 il porto divenne porto franco.
L’autonomia comunale
Per secoli, Porto Recanati rimase sotto la giurisdizione di Recanati. Solo il 15 gennaio 1893, con un Regio Decreto firmato da re Umberto I, le frazioni costiere di Recanati, tra cui Porto Recanati, ottennero l’autonomia comunale. Da allora, la cittadina ha conosciuto uno sviluppo demografico e urbanistico significativo, diventando una rinomata località balneare.
Patrimonio storico e culturale
Oltre al Castello Svevo, che oggi ospita la Pinacoteca comunale Attilio Moroni, Porto Recanati conserva altri edifici storici di rilievo. Tra questi, l’Abbazia di Santa Maria in Potenza, fondata tra il 1160 e il 1202 dai Monaci Crociferi come ospedale per pellegrini, e la Chiesetta della Banderuola, costruita nel luogo dove, secondo la tradizione, sostò la Santa Casa di Loreto nel 1295.
Tradizioni e gastronomia
La cultura marinara di Porto Recanati si riflette nella sua cucina, in particolare nel “brodetto”, una zuppa di pesce tipica della zona. La versione locale, risalente ai primi del Novecento, si distingue per l’assenza di pomodoro e l’uso dello zafferano selvatico del Conero, che conferisce al piatto un caratteristico colore giallognolo